Nato da una famiglia di origine cividalese, accettata da tempo nella nobiltà imperiale goriziana, Francesco Formentini fu dichiaratamente di fede asburgica. Era “cavaliere professo” dell’Ordine Teutonico e per questa sua posizione poteva accedere al governo di una Commenda.
Era di carattere molto duro ed energico, fece parte degli Stati Provinciali e fu deputato a reggerne le sorti, cosa che fece con molta grinta ed impegno. Ebbe molti altri incarichi pubblici, fu commissario stabile agli affari camerali, partecipò, come delegato della contea, ai funerali dell’arciduca Carlo. Per i suoi meriti nel 1576 fu accolto nell’Ordine Teutonico come cavaliere, come suo fratello Leonardo, tra i pochi nobili goriziani ammessi al prestigioso e ben remunerato incarico. Il cavalierato era un ambìto riconoscimento, in quanto comportava laute prebende. Infatti, a Francesco fu attribuita l’importante Commenda di Precenicco, vicino a Latisana.
Le Commende erano proprietà dell’Ordine e venivano date dal Gran Maestro per un determinato periodo in amministrazione a dei cavalieri che avevano ben meritato tale incarico, per i servizi resi all’Ordine. Essi dovevano amministrarle e custodirle ed alla fine rendere il conto. In cambio potevano godere delle rendite attive per il proprio mantenimento, con il decoro che il rango imponeva. E la Commenda di Precenicco aveva ancora un porto sul fiume Stella, che sfocia nell’Adriatico all’altezza di Lignano.
Successivamente alla nomina a Cavaliere Teutonico, Francesco, che nel frattempo aveva preso i voti, ottenne la Commenda di Gross-Sontag oggi Velika Nedelja, nell’attuale Slovenia nord-orientale. Il centro amministrativo della Commenda e la residenza erano nel castello di Gross Sontag, costruito nella seconda metà del XIII secolo dall’ordine Teutonico, a cui appartenne fino alla fine della Seconda guerra mondiale. La sua struttura è a quattro ali e a tre piani, con torri angolari cilindriche. Francesco Formentini governò la Commenda certamente fino al 1591 quando ottenne la Commenda di Bressanone, anche se l’anno successivo venne poi nominato capitano di Gradisca.
Da una lettera autografa di Francesco Formentini, scritta in quell’anno, si evince che essendo stato nominato capitano di Gradisca è costretto a trasferire la propria residenza a Gradisca. Si ritiene sia andato ad abitare nel Palazzo del Capitano, nell’ambito del Castello di Gradisca, tutt’ora esistente. Per oltre vent’anni la città fu da lui amministrata con rigore. Venne descritto dai contemporanei come un uomo autoritario che cercò in tutti i modi di salvaguardare le particolarità di Gradisca, senza esitare a entrare in conflitto con le autorità goriziane fin dai primi anni del suo governo. Difese a spada tratta gli Statuti che il capitano provinciale voleva modificare, nonché le sue prerogative, fino alla sua morte avvenuta nel 1613. L’archivio di Stato di Vienna conserva 10 sue lettere all’Imperatore Ferdinando II, che nel 1604 lo aveva nominato Consigliere aulico e Ciambellano.
Leonardo Formentini nacque a Gorizia da Pànfilo, della linea di San Floriano, e Cassandra Bellina, primogenito di nove figli, presumibilmente nell’anno 1527.
All’epoca i Formentini erano già ben introdotti nella nobiltà goriziana e nelle istituzioni. Nel 1511, infatti, dopo la fine della Guerra tra Venezia e l’Austria, la gastaldìa di Tolmino di cui erano consorti, fu assegnata agli Asburgo con i territori annessi, rientrando perciò nella Contea di Gorizia. Fu così che ottennero un seggio negli Stati Provinciali e di conseguenza furono iscritti nella nobiltà goriziana, con tutti i diritti ed oneri che ciò comportava. Si stabilirono in città e a San Floriano.
Leonardo fece parte degli Stati Provinciali e ricoprì altri incarichi pubblici. Ma il ruolo più importante lo ebbe nell’Ordine Teutonico nel quale entrò nel 1562, di cui fu esponente di primo piano fino alla morte, sopraggiunta nel 1596.
Fece, come si direbbe oggi, una brillante carriera, salendo tutti i gradi dell’Ordine Teutonico: già nel 1567 fu nominato coadiutore del “baliaggio” dell’Austria superiore, per diventarne Governatore l’anno successivo, quindi Comandante del Capitolo di Mergentheim in Germania, fino a reggere diverse commende in Austria, a Vienna e a Neustadt, e ad essere nominato Consigliere Imperiale.
In precedenza aveva retto l’Ordine Teutonico nell’attuale Slovenia, creando il Capitolo di Gross Sontag (Velika Nedelja) e costruendo nel 1580 il castello di Dolsko.
Proprio a Lubiana morì il padre Pànfilo, nel febbraio 1569, dove era andato a trovare il figlio. Quest’ultimo fece fare al padre funerali solenni, nonchè una lapide che fu posta nella Chiesa dell’Ordine Teutonico di Lubiana, ora conservata al Museo Nazionale (Narodni Muzej).
Di Leonardo esistono epistolari con l’imperatore e i Gran Maestri, contratti per l’equipaggiamento della Corte del re di Polonia, nomine di vicari parrocchiali e numerose lapidi: a Novo Mesto, nella chiesa dell’Ordine a Vienna, ma la più bella è quella nella chiesa di Lech a Graz, con figure allegoriche e messaggi ermetici di difficile interpretazione.
Fu sepolto a Lubiana, come da desiderio espresso nel suo testamento.
Leonardo seppe conciliare doti spirituali e pratiche, come uomo di vasta e raffinata cultura umanistica, esoterica e segnata nell’età giovanile dall’esperienza della riforma luterana, ma anche come condottiero nelle guerre contro i turchi e costruttore di edifici sacri e civili.
L’Ordine Teutonico fu investito della Commenda di Precenicco dal Conte di Gorizia Mainardo nel XIII secolo. Da quella data fu governata direttamente dall’Ordine tramite i Commendatori, nominati dal Gran Maestro.
Oltre al Castello e ad altri fabbricati, i terreni agricoli si estendevano nella pianura della Bassa Friulana per oltre 2.500 campi goriziani (il campo era pari a 3.652 mq). I cavalieri Teutonici edificarono nel XIII secolo la Chiesa di S. Maria, dove stava il convento di monache teutoniche e tutti gli edifici di amministrazione, nonché gli alloggi del presidio di difesa militare.
Francesco Formentini ricevette la Commenda di Precenicco – in tedesco Brixeney – e le relative prebende nel 1591, mantenendole probabilmente fino alla morte, avvenuta nel 1613. Era subentrato ad un altro goriziano, il conte Cobenzl, che aveva ottenuto importanti incarichi dall’imperatore, del quale era consigliere. Già nel 1497 il conte di Gorizia aveva ceduto “de jure” alla Casa d’Austria tutti i diritti della Contea goriziana in Friuli. In questo modo anche Precenicco veniva ad essere un possedimento imperiale, con la fisionomia di vera e propria isola giurisdizionale asburgica, visto che era circondato da territori veneti. Verso la fine del XVI secolo i cavalieri tedeschi non dimoravano più in Precenicco. Evidentemente era in buona misura esaurita l’utilità principale per la quale era sorta la fondazione teutonica, cioè quella dell’assistenza ed ospitalità ai pellegrini e viaggiatori che dai Paesi germanici, tramite il porto di Latisana, si recavano in Terrasanta. Il feudo tedesco imperiale in riva allo Stella si era avviato a diventare un investimento fondiario teso meramente ad essere ben amministrato ed a fornire delle rendite; Precenicco, negli ultimi venti anni del Cinquecento rendeva più di mille ducati l’anno. Il “priore” di Precenicco aveva la facoltà di intervenire e votare di persona o per mezzo di un suo rappresentante alla “dieta” degli Stati Provinciali Goriziani.
Quando, nel 1595 il visitatore apostolico di Aquileia fece richiesta di poter visitare la chiesa non lo potè fare, in quanto Francesco Formentini fece comunicare a lui ed al reggente della chiesa di Santa Maria dei teutonici di Precenicco, che la visita pastorale, per privilegi pontifici concessi al sodalizio cavalleresco, era soggetta unicamente ai superiori dell’Ordine Teutonico. La presa di posizione di Francesco nei confronti del Patriarca, dimostra l’energia con la quale governava la Commenda, facendo prevalere contro chiunque le proprie prerogative il che, ovviamente, gli procurò diverse inimicizie.
Nel 1615, quando l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo chiama i Gesuiti da Graz per l’erezione di un “collegium” a Gorizia, il destino della commenda teutonica di Precenicco è segnato: i cavalieri germanici non proseguirono la loro missione caritatevole per i pellegrini, ma se ne andarono nel 1623 per dedicarsi alla creazione di quello che sarà il nucleo dello Stato prussiano. I Gesuiti la tennero fino all’anno della loro soppressione, nel 1775.
Così si chiuse, sulle rive dello Stella, la storia dei cavalieri Teutonici, il cui ricordo rimane nella tradizione popolare. Il castello, il monastero femminile e le strutture direzionali dei monaci-guerrieri nerocrociati sono tutto quello che è rimasto a perpetuare la memoria di oltre quattro secoli di storia caratterizzata dalla presenza di questo singolare Ordine monastico tedesco.
La famiglia Formentini ha una storia nobiliare plurisecolare e tuttora risiede nel castello di San Floriano del Collio, che Vinciguerra Formentini acquistò nel 1520 dalla famiglia Ungrispach.
Vinciguerra era figlio di Felice (che trasferì la propria casata da Cividale a Gorizia) ed Elisabetta Arcoliani, ed era fratello di Panfilo: i due ebbero numerosi figli che ricoprirono posizioni importanti in ambito politico, militare e religioso avendo relazioni dirette e significative con gli arciduchi d’Austria.
Fra questi, Giuseppe (nato nel 1545), figlio di Vinciguerra e Ginevra de Puppi, fratello di Ruggero, Carlo e Gaspare, e cugino dei cavalieri teutonici Leonardo e Francesco.
Grazie all’appoggio della sua famiglia e ai contatti diretti che questa aveva con la Corte imperiale, Giuseppe Formentini intraprese la carriera ecclesiastica ed ebbe anche un ruolo importante nella vita civile e pubblica di Gorizia.
Sia il cugino Leonardo, ai vertici dell’Ordine Teutonico, che l’Arciduca Carlo d’Austria sostennero la sua nomina a vicario presso la chiesa di Aquileia (dopo la morte di Apollonio di Partistagno), interpellando l’imperatore Massimiliano II con alcune lettere di raccomandazione, nell’ottobre 1570. L’imperatore lo nominò, ma il 31 ottobre l’arciduca Carlo scrisse nuovamente al fratello imperatore: “ho sentito che il segretario di Vostra Maestà si è preso la briga di revocare tale conferimento”, così l’imperatore confermò la sua decisione comunicando al Patriarca il 20 agosto 1571, che Giuseppe Formentini era Vicario Imperiale e Canonico di Aquileia.
Sempre per intercessione dell’arciduca nel 1589 divenne pievano di San Pietro a Gorizia.
Nel 1593 (in piena Controriforma), ricevette dall’Arciduca Ernesto l’incarico di assistere, in qualità di commissario imperiale, la visita del patriarca Francesco Barbaro, che nella sua relazione sottolineò come la pieve di San Pietro fosse una delle poche trovate in ottime condizioni e poi, in altre occasioni, manifestò la sua considerazione nei confronti di Giuseppe Formentini, anche con il papa Clemente VIII a cui scrisse, nel 1594, che aveva “levato l’arcidiacono passato, e messo in sua vece persona che con diligenza sostenta il carico e rivede le cose senza intermissione” facendo riferimento a Formentini, a cui poi affidò l’incarico di arcidiacono di Gorizia dal febbraio 1594 al gennaio 1597. Giuseppe andava a sostituire temporaneamente Andrea Napokai e sapeva che questo ruolo sarebbe stato ostico e molto impegnativo, anche perché il Barbaro accentrava molto il suo potere, e Giuseppe (pur essendo un suo convinto sostenitore e dovendo mantenere un equilibrio diplomatico con l’imperatore) non voleva ridurre la carica di arcidiacono a una mera esecuzione degli ordini patriarcali. Inoltre, Napokai non accettò mai di essere stato sostituito da Formentini e continuò per anni a denigrarlo: osteggiando l’azione di riforma iniziata da Barbaro e sostenuta e attuata da Formentini.
Barbaro iniziò infatti un periodo di rinnovamento e di modifica della situazione del clero goriziano (anche per la preoccupante diffusione dell’eresia) che venne poi continuata con tenacia da Giuseppe.
Formentini aveva riposto grande fiducia nel lavoro che stava portando avanti e considerava la carica di arcidiacono necessaria affinché la riforma fosse concreta e positiva, ma alcuni episodi lo avevano offeso proprio per il modo in cui era stato trattato, senza rispetto della sua carica.
Perciò l’amico Giuseppe Rabatta e il patriarca Francesco Barbaro lo aiutarono a mantenere la posizione sia di pievano di San Pietro che di vicario imperiale: Barbaro fece addirittura in modo di fargli ottenere una dispensa papale (forse perché era stato lo stesso imperatore Massimiliano II a raccomandarlo tempo prima, in virtù dei meriti dei suoi antenati).
Designato Vescovo di Trieste, non poté accedere a questa carica poiché morì prematuramente nel 1602.
Un aspetto non secondario, e mai studiato in passato, è il ruolo avuto dalle donne Formentini a Corte.
La prima di queste fu la baronessa Anna Maria Formentini, nata von Ròhrbach, che entrò inizialmente alla corte dell’arciduchessa Maria d’Austria, a Graz nel 1600, come damigella d’onore (Hoffräulein). Lì sposò Carlo Formentini nel settembre 1602, ciambellano e consigliere arciducale. Dal 1622 al 1624 fu maggiordoma maggiore dell’imperatrice Eleonora Gonzaga, poi si trasferì alla corte delle arciduchesse, figlie di Ferdinando II, come Obersthofmeisterin. Fra queste c’era Cecilia Renata, futura moglie del re di Polonia. Si esibì più volte come attrice alle feste di corte e quando morì, nel 1629, l’Imperatrice fece imbalsamare il corpo a sue spese e lo fece trasportare a Gorizia per la sepoltura nel Duomo.
La figlia Aurora Formentini, nel 1627 risulta già damigella d’onore (Hoffräulein) delle arciduchesse. Durante la sua permanenza a corte sviluppò uno stretto rapporto con Maria Anna d’Asburgo, che la cita spesso nelle lettere. Per Aurora, la cui bellezza e i cui modi cortesi erano enfatizzati dai contemporanei, l’imperatrice organizzò un lucroso matrimonio, nel 1632, con Adam Bàtthyany, membro di una delle famiglie più ricche dell’aristocrazia ungherese. A loro è legata la leggenda del Tocai! Durante gli anni del matrimonio, Aurora soggiornò regolarmente a Vienna, non imparò l’ungherese e le lettere al marito erano in tedesco, tranne alcune in lingua italiana, oggetto di una tesi che rivela una conoscenza solo orale dell’italiano con molte influenze dialettali.
Anche la sorella più grande, Elisabetta Formentini (nata nel 1607), fu dama di corte di Eleonora Gonzaga, ma nel 1634 entrò nel monastero carmelitano di Vienna, fondato proprio dall’Imperatrice.
Un’altra Dama di Corte fu Anna Margherita von Schwamberg (o Suomberg) moglie di Ludovico Formentini, morta nel 1660.
Sono tutte citate nei Diari del Cardinale d’Hàrrach.
Altre esponenti femminili della famiglia entrarono nell’esclusivo Ordine delle Dame della Croce Stellata, istituito nel 1668 dall’imperatrice. Dai giornali del tempo si apprende che il 22 settembre 1704 venne accolta anche Beatrice baronessa Formentini, nata contessa Coronini, che il 2 febbraio 1715 morì e fu commemorata a Vienna, in una delle festività dell’Ordine.
Sempre nel Wiener Zeitung, si legge che il 14 giugno del 1741 si svolsero i funerali della Dama dell’Ordine della Croce stellata Maria Anna baronessa Formentini, nata contessa Scotti.
Ruggero Formentini era fratello di Giuseppe e figlio di Vinciguerra e di Ginevra de Puppi.
Fu luogotenente delle milizie della Contea di Gorizia e ciambellano dell’Arciduca Ferdinando, che divenne Imperatore nel 1619. Nel 1590 rappresentò la Contea di Gorizia al corteo funebre dell’arciduca Carlo: “Herr Formanthin Rogier Ritter” si legge nel dipinto conservato nell’Alte Galerie del Landesmuseum Joanneum di Graz.
Il cugino Gaspare fu funzionario del Governo dell’Austria Inferiore e dignitario della corte imperiale a Graz. Infatti, quale consigliere dell’Imperatore Ferdinando II, si fece più volte portavoce degli Stati Provinciali di Gorizia.
Rimasto celibe, dopo la morte prematura del fratello Carlo e della cognata Anna Maria von Rohrbach, si prese cura dei nipoti rimasti orfani introducendoli alla corte imperiale.
Esperto amministratore, aumentò notevolmente il patrimonio di famiglia, ma la sua eccessiva fiscalità provocò le proteste dei sudditi di Tolmino procurandogli il biasimo del governo. Nel 1623, a conferma del prestigio raggiunto già in passato dalla famiglia, ricevette assieme ai nipoti il titolo di barone del Sacro Romano Impero con il predicato “di Tolmino e Biglia”.
Carlo fu ciambellano e consigliere dell’arciduca Ferdinando, colonnello comandante della milizia territoriale goriziana, nota come Cernide, e poi generale. Prese parte all’assedio di Kanizsa nel 1601 e, nel 1605, guidò in Croazia le truppe di soccorso goriziane conto i Turchi.
Il figlio di quest’ultimo, Ludovico Formentini, fu Dapifero della Contea di Gorizia e, dal 1632, Ciambellano dell’imperatore. È sepolto con la moglie nel Duomo di Gorizia.
L’origine dell’ordine Teutonico sembra risalire al 1099, quando un cavaliere tedesco, ferito durante i combattimenti per la presa di Gerusalemme, venne assistito e curato da una coppia di pellegrini, anch’essi tedeschi. Questi, presumibilmente mercanti, decisero in seguito di dedicarsi all’attività di ospitalità e assistenza dei pellegrini, fondando un piccolo ospedale dotato di foresteria ed una cappella dedicata alla Vergine Maria.
In seguito, si costituì l’ordine dei fratres domus hospitalis sanctae Mariae Teutonicorum in Jerusalem, che nel 1191 ottenne l’approvazione e la protezione del pontefice Clemente III e nel 1199 la conferma da parte di Papa Innocenzo III, quando ebbe origine la loro divisa: un mantello bianco con croce nera. La regola seguita dagli appartenenti all’ordine era quella dei cavalieri ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme.
L’alimentazione dei militi dell’Ordine teutonico era costituita da latte, uova, una minestra di fiocchi d’avena e acqua. Chi aderiva non poteva far mostra del blasone, né cacciare (se non lupi e orsi). I castelli venivano eretti in pietra – e dal XIV secolo in mattoni. Importante era anche l’impiego della balestra e della catapulta, perché consentivano di difendersi con piccoli contingenti. L’attività religiosa proseguì seguendo la regola dei Giovanniti mentre quella militare adottò la regola dei Templari.
Abbandonata l’ultima roccaforte in Terra Santa, si mise alla ricerca di una collocazione in Europa. La conquista iniziò territori in Transilvania e proseguì nei secoli successivi con città e province della Prussia Orientale, della Pomerania e del territorio imperiale della Neumark. Alla sua massima espansione l’Ordine possedeva un vasto Stato sovrano che dalle rive della Vistola arrivava fino all’Estonia. Ma il 15 luglio del 1410 l’Ordine subì una memorabile sconfitta a Tannenberg, in Prussia orientale, ad opera di polacchi e lituani: da allora iniziò un rapido processo di decadenza, culminato con il trattato di Toruń (1466).
Al suo Gran Maestro (Hochmeister) restava la dignità di Principe imperiale e all’ordine rimasero numerosi feudi e proprietà in Germania, in Austria, in Friuli e in Carniola (attuale Slovenia), con alcuni Baliaggi e Commende che furono guidate dai fratelli goriziani Leonardo e Francesco Formentini.
La sede dell’ordine fu trasferita a Mergentheim nel 1526, mente il Gran Maestro assunse come sua residenza il castello di Ellingen a nord di Weissenburg.
Anche l’Ordine teutonico non fu risparmiato dalle secolarizzazioni napoleoniche e i tentativi dell’ultimo gran maestro sovrano, Carlo Ludovico d’Austria, di acquistare la dignità di grande elettore furono vanificati con la dissoluzione dell’impero nel 1806. Continuò ad esistere in Austria sotto la protezione degli Asburgo e per volere di papa Pio XI, nel 1929 fu trasformato in un ordine canonicale, limitandone l’azione ai soli campi assistenziale e spirituale.
Nall’alta Carniola, sulla strada che da Lubiana porta verso Litija, si trova il castelletto di Dolsko, a due passi dalla chiesa del paese di Kamnica, intitolata a Sant’Elena. Non lontano dal centro abitato scorre il fiume Sava, che conferisce bellezza e fertilità ai dintorni del castello. Il castelletto prese il nome dalla vicina chiesa, di antica fondazione ma ristrutturata in età barocca.
Fu concepito da Leonardo Formentini come una sua personale residenza di campagna, che alla morte, avvenuta nel 1596, lasciò in eredità alla commenda lubianese dell’Ordine Teutonico. È un compatto quadrilatero munito di uno sporto angolare a mo’ di torre. Formentini fece scolpire una lapide sopra l’ingresso principale, simile ad altre fatte fare a Lubiana, Graz, Novo Mesto ed altrove, con il suo stemma famigliare inquartato con l’arma dell’Ordine Teutonico e le insegne della commenda di Lubiana.
L’epigrafe cita: “Il reverendo, nobile e spettabile signore Leonardo Formentini della signoria di Tolmino, cavaliere dell’Ordine Teutonico, commendatore del baliaggio della Bassa Austria, consigliere di Sua Altezza Serernissima l’arciduca Carlo d’Austria, ha fatto innalzare questo edificio dalle fondamenta e costruirlo in nome di Dio, nell’anno del Signore 1580”.
Il castello fu pensato anche come centro di una azienda agricola dell’Ordine Teutonico, com’è testimoniato dalla fattoria coeva ed ancora ben conservata con le sue stalle, i granai ed altri annessi rustici. Accanto al portale d’ingresso al cortile, addossato al castello ed oggi in parte smembrato, si trova l’edificio che fu la cappella privata del Formentini, il cui stemma compare appena riconoscibile sulla chiave dell’arco del portale d’ingresso. Sul retro, dove un tempo doveva esserci il presbiterio, è stato murato un architrave che probabilmente ricordava l’anno di costruzione della cappella: 1582.
In mezzo all’orto si trova il pozzo, recentemente murato, che riforniva d’acqua gli abitanti del castello e alla fattoria. La vera, scolpita in pietra in sobrie forme cinquecentesche, porta incisi lo stemma ed un’iscrizione: “Leonardo Formentini, commendatore del baliaggio della Bassa Austria fece porre nell’anno del Signore 1591”.
Il castello di Sant’Elena, che tra i molti edifici costruiti da Leonardo Formentini è l’unico ad essere stato fatto ex novo, è di notevole attrattiva sia per la posizione piacevolmente rurale, che per la sobrietà del suo aspetto tardorinascimentale, appena scalfito dai tempi e tutto sommato ancora integro e recuperabile.
Alla fine del Settecento, incamerati i beni dell’ordine in seguito alle riforme di Giuseppe II, il castelletto passò in mano ai privati, mentre nel secondo dopoguerra divenne sede di una cooperativa agricola.
Oggi gli interni del castello, relativamente ben conservati, sono adibiti ad appartamenti.
Nell’antichissima chiesa dell’Ordine Teutonico di Lech a Graz è murata una lapide che ricorda Leonardo Formentini. La lapide, che dal punto di vista iconografico è la più interessante delle numerose memorie in pietra che Leonardo lasciò a Gorizia, Lubiana, Graz, Novo Mesto ed altrove, è di dimensioni contenute, in pietra tenera, scolpita in rilievo e dipinta con colori dalle tonalità nero, ocra e bianco.
Nella fascia inferiore, a caratteri bianchi su fondo nero, è riportata l’epigrafe che tradotta suona così: “Insegne e stemma ereditario e di dignità del reverendo, nobile e spettabile signore, il signor Leonhard Formentin, cavaliere dell’Ordine Teutonico, commendatore del baliaggio d’Austria eccetera, 1570”.
Nella parte superiore, che occupa tre quarti della superficie, c’è lo stemma personale di Leonardo, inquartato con le insegne dell’Ordine Teutonico e con l’arma della commenda di Lubiana. Tra i due cimieri compaiono le lettere iniziali G V G, presenti pressochè in tutte le raffigurazioni dello stemma del Formentini, ma di difficile soluzione.
La parte più interessante della lapide risultano essere i due elementi architettonici laterali, che incorniciano la composizione a mo’ di colonne. La colonna di sinistra porta incisa nel basamento la raffigurazione dell’araba fenice che muore nel fuoco, sul pilastro è invece rappresentata la fortuna bendata, che procede sul mare con la vela spiegata, identificabile anche per la scritta che la sovrasta: “FORTVNA”.
Il basamento della colonna destra rappresenta il pellicano che si ferisce il petto per nutrire con il proprio sangue i piccoli, mentre il pilastro riporta una figura femminile con i capelli scompigliati dal vento, definita dall’iscrizione: “OC(C)ASIO”.
Il significato che il committente della lapide volle esprimere risulta alquanto ermetico, soprattutto per quanto riguarda il senso compiuto ed unitario di tutti gli elementi iconografici. Un aiuto alla comprensione ci può venire dalla figura del committente: Leonardo Formentini fu umanista – da ciò l’iconografia di ispirazione classica – ma è noto che fu anche segretamente vicino alla riforma protestante – conseguentemente la lapide potrebbe contenere un forte messaggio religioso.
La chiesa dell’Ordine Teutonico di Vienna, situata nel centro storico della capitale, conserva diverse testimonianze relative a Leonardo Formentini. Sulla parete sinistra vi sono allineati su tre file molti stemmi di cavalieri dell’Ordine che hanno avuto incarichi nella gerarchia.
Lo stemma di Leonard Formentin appare al centro della prima fila in basso e porta la data 1567.
Esattamente sotto lo stemma, a livello piano terra, vi è un bassorilievo di un cavaliere Teutonico in corazza che potrebbe essere quello di Leonardo. La corazza, infatti, è cinquecentesca e simile ad un disegno fatto a fine ‘800 dall’artista triestino Giulio De Franceschi per essere riprodotto nell’iconografia del libro del Caprin “Le Alpi Giulie” edito nel 1895, dove il cavaliere con la corazza regge un’asta con bandiera recante lo stemma Formentini inquartato con quello dell’Ordine.
Nel bassorilievo a grandezza naturale della chiesa di Vienna, la corazza è simile e nella bandiera non si scorge alcuna insegna, ma le sembianze del viso sono molto somiglianti.